Prefazione – 3434

Angeli. Illuminazioni, racconti e immagini sui messaggeri degli dei.
di Peter Lamborn Wilson (Hakim Bey)

Preludio
Il cabalista
Immaginate un’icona come avrebbe potuto pensarla uno studioso di cabala di Toledo nel Quindicesimo secolo. Un fascio di luce dalla finestra sul suo leggìo, mentre lui si perde nel fantasticare sui suoi libri per rappresentarsi il grande Albero del Mondo angelico.
Per prima cosa, ricrea il nudo schema astratto delle dieci Sefiroth, i dieci Divini Attributi che governano e formano l’universo, quello visibile e quello invisibile. Assumono la forma di un roseto, in cui appaiono dieci boccioli smisurati di luce.
Ora, ognuna delle rose di luce dispiega i suoi petali per disvelare una figura alata. Sulla corona dell’Albero appare il grande Metatron: è il più vicino al Trono Divino. Un tempo questo Angelo era il profeta Enoch ma “poi scomparve, perché Dio lo prese con sé”. Dio pose una coroncina sul capo di Enoch e gli diede settantadue ali e innumerevoli occhi. La sua carne fu trasformata in fiamme, le sue ossa in brace, e fu circondato da tempeste, turbini, tuoni e fulmini.
Il più alto di tutti gli Angeli, Metatron è un profeta, antico, con barba, ispirato; tuttavia al contempo è un adolescente eterno e celestiale, di una bellezza radiosa.
Isaia lo vide “seduto sul trono, eccelso e sublime, e il suo manto riempiva il Tempio. I serafini si tenevano sopra di Lui, ognuno con sei ali; con due si velavano il volto, con due si coprivano i piedi e con due volavano”. (Isaia 6, 1-2)
Intorno a Metatron stanno i Cherubini:
“… avevano ciascuno quattro ali. Le loro gambe erano diritte, e gli zoccoli dei loro piedi erano come gli zoccoli dei piedi di un vitello; splendenti come lucido bronzo. Avevano mani d’uomo sotto le ali, ai quattro lati… Le ali erano unite l’una coll’altra… Quanto alla somiglianza delle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva aspetto d’uomo, aspetto di leone a destra, aspetto di bove a sinistra e, ognuno dei quattro, aspetto d’aquila.” (Ezechiele 1, 4-10)
Da queste creature si versavano fiumi di sudore infuocato, e da queste gocce si originavano moltitudini di Angeli. (Daniele 7, 10)
I tre Angeli sulla sinistra dell’Albero sono Zafkiel, l’Angelo della Contemplazione; Samael, l’Angelo del Male, e Raffaele, l’Angelo della Guarigione. Samael è chiamato anche Satana, Lucifero, Stella del mattino. Se sorpreso a vederlo qui, il nostro cabalista ci ricorderebbe che gli Angeli possono assumere simultaneamente molte forme. Se Satana – in una manifestazione decaduta e gargantuelica – occupa la fossa congelata del più basso inferno dantesco, egli può apparire anche come l’avversario sardonico e stranamente elegante del Libro di Giobbe, dove passeggia per il Paradiso con il Signore per un gioco d’azzardo. Sull’Albero il Cabalista lo visiona nella sua gloria originaria, sfolgorante con i suoi gioielli.
Come per Raffaele: egli è il Fisico divino e patrono dei viaggiatori. Indossa il cappello dei pellegrini, porta la verga del Caduceo e l’ampolla di zucca, o forse la fiala dell’unguento di guarigione.
Il tronco dell’Albero, sotto Metatron, mostra tre altre figure: Michele, Gabriele e Sandalphon. Nessuna parola può rendere giustizia della gloria di Michele, patrono di Israele, capo degli ospiti celesti e, come la sua controparte, il dio persiano Mitra, sole nel suo splendore. Viene raffigurato anche come un radiante guerriero alato nella sua armatura scintillante, mentre uncina con il suo sperone la forma contorta di un serpente o dragone.
Gabriele, che comanda la Saggezza Spirituale, prende la forma di un bellissimo giovane vestito di verde seta ricamata, mentre porta alle labbra una tuba d’oro.
Infine, Sandalphon (il cui nome suggerisce il suono di passi vicini) è lo Spirito Guardiano, al contempo capo e prototipo di tutti gli Angeli custodi. Egli sta ai piedi dell’Albero, sopra il mondo creato, ma la sua altezza si estende verso l’alto per tutto l’Universo, è il più alto di ogni altro “del cammino di cinquecento anni”.
Il filosofo
Platone nel Fedro sottintende che sia gli dei sia le anime degli uomini sono alati. Ma l’essere che sopra tutti gli altri deve essere alato non è né dio né uomo, ma l’intermediario tra i due, un messaggero – in ebraico, malakh, in greco, angelos. Per Socrate, Eros non è, come invece altri hanno affermato, il bell’amato; quanto lo Spirito che ispira l’amante, colui che dona all’amante la pazzia divina. Eros non è né mortale né immortale. È uno Spirito che interpreta e trasmette i messaggi avanti e indietro tra gli uomini e gli dei. “Dio non tratta direttamente con gli uomini; è tramite gli spiriti che intercorre la comunicazione tra gli dei e gli uomini, sia nella veglia che durante il sonno.”
Socrate riferisce la narrazione dell’origine dell’amore fatta dalla sacerdotessa Diotima. Nel giorno del compleanno di Afrodite, Ingegno, figlio dell’invenzione, era ubriaco di nettare, e Povertà prese vantaggio da questa situazione per sedurlo e dargli un figlio: questi era Eros.
Innanzitutto è sempre povero e tutt’altro che delicato e bello, come credono i più, ma anzi, ruvido, ispido, scalzo e senza dimora. Si sdraia per terra senza coperte, dorme all’aperto davanti alle porte e per le strade […] Secondo l’indole del padre, invece, tende insidie ai belli e nobili, ha coraggio, è impavido e veemente, temibile cacciatore, infaticabile nell’escogitare astuzie, desideroso di conoscere e ricco di risorse, continuamente interessato alla ricerca della sapienza, incantatore terribile, preparatore di filtri, ragionatore capzioso.
(Platone, Simposio, 203 c-d, trad. di Fabio Zanatta, Feltrinelli 2015)
Come gli Angeli della Cabala, Eros è un messaggero, uno spirito; è alato; è sia un Antico sia un grazioso ragazzo. In altri contesti, vedremo che Eros agisce anche come guida dell’anima, come guardiano o doppio spirituale dell’uomo, e che rappresenta al contempo il maestro spirituale e l’amato, e che questa sintesi gli fornisce la pretesa per essere visto come una manifestazione del più alto degli Angeli.
Ma anche gioca degli scherzi e ha qualche cosa del mago. Nulla nella nostra angelica icona ci prepara a questo. Un Angelo può forse essere un imbroglione, un trickster? Per rispondere, dobbiamo estendere la nostra visione oltre la Terra Santa e la Grecia, dove la parola “Angelo” è conosciuta, e quindi scoprire se l’archetipo platonico dell’uomo alato o spirito può essere rintracciato da qualche altra parte, e sotto quali travestimenti.
Lo sciamano
Lo sciamano Campu, nella parte più orientale del Perù, canta con una voce misteriosa e distante che fa vibrare addirittura i suoi vestiti. I buoni spiriti compaiono solo a lui; assumono forme umane e danzano. Il falco Koakiti appare con un uomo alato:
Tabacco, tabacco, puro tabacco
Viene dagli Inizi del Fiume
Koakiti il falco lo porta a te
I suoi fiori stanno volando, tabacco
Viene in tuo aiuto
Koakiti il falco è il suo proprietario
Il fumo del tabacco è il magico ponte tramite cui l’anima dello sciamano può ascendere nel mondo degli spiriti: da qui il suo valore. Anche gli spiriti del colibrì appaiono come Angeli:
Colibrì, colibrì, vengono correndo
Colibrì, colibrì, oscura apparenza
Colibrì, colibrì, sono tutti nostri fratelli
Colibrì, colibrì, tutti si librano
Colibrì, colibrì, gruppo senza imperfezioni
Lame Deer, un uomo-medicina Sioux a noi contemporaneo, dà nella sua autobiografia la descrizione dei Quattro Uccelli del Tuono, anch’essi uomini alati:
[…] Ci sono quattro grandi, vecchi uccelli del tuono. Il grande wakinyan di Occidente è il primo e il principale tra loro. È vestito di nuvole. Il suo corpo non ha forma, ma ha quattro enormi ali tenute assieme. Non ha piedi, ma artigli, enormi artigli. Non ha testa, ma un becco enorme con fila di denti affilatissimi. Il suo colore è nero. Il secondo uccello di tuono è rosso. Ha ali con otto articolazioni. Il terzo uccello di tuono è giallo. Il quarto è blu. Quest’ultimo non ha né occhi né orecchie.
Ecco, quindi i Cherubini, le “quattro creature viventi” dei Sioux.
E lui, che ha la visione di questi esseri, deve diventare un clown, un uomo-contrario o heyoka. Egli fa ogni cosa al rovescio, per il divertimento e spesso l’orrore della tribù; come un giullare medievale ha la licenza di rovesciare il mondo sottosopra, per essere il Signore perpetuo del Cattivo governo. Lo heyoka è anche un profeta, un sant’uomo: il sacro buffone.
Il corvo (qaq), il demiurgo o agente del Caos e della Creazione dei Tlingit dell’America nordoccidentale, è un’altra creatura alata, nera, sboccata, avida, un trickster lascivo che porta luce nel mondo anche rubando la luna.
Egli sa chi possiede la luna: un vecchio pescatore che pagaia nei mari di totale oscurità “dei vecchi tempi”, e che tiene la fonte della luce nascosta in dieci scatole, come in un puzzle cinese, in alto su uno scaffale della sua capanna.
Il corvo si trasforma in un ago di pino e galleggia sulla superficie di una sorgente. La sorella del pescatore beve l’acqua, concepisce e dà nascita a un bimbo. Il bambino piange; l’uomo gli offre sempre più giochi, ma solo la scatola della luna sembra piacergli. Apre tutte le scatole e gioca con la palla luminosa. Il pescatore non sospetta nulla e lascia la capanna.
Immediatamente, il Corvo riprende la sua forma da uccello, lancia il suo grido da corvo: “Gaa!” e vola fuori dal buco per il fumo, con la luna nel becco. Ne rompe dei pezzi e crea il sole e le stelle.
Il Corvo è il Logos (nascita di una vergine); egli è Lucifero e Prometeo, portatori di Luce; Maya, la dea induista della natura e dell’illusione; e Proteo, il dio greco che assume molte forme, la vera anima della materia. Si manifesta come uccello, un bel ragazzo, un terrificante vecchio con una barba di muschio, una vecchia dal naso a forma di becco. Egli è il primo e il più grande tra gli sciamani, l’uomo che penetra i segreti, che diviene un uccello-spirito e vola dopo la luce, gracchiando risate selvagge. Scolpisce il primo palo totem, simbolo dell’Albero del Mondo o Scala angelica, la gerarchia del cosmo, a ricordo del suo viaggio ed emblema araldico del suo popolo. Egli è Metatron, il profeta che diviene un Angelo, e Ermes l’imbroglione, Ermes il trickster, con caratteristiche angeliche, messaggero degli dei che ruba il bestiame del sole e inventa la lira; ma anche Mercurio per gli alchimisti, il giovane nudo e alato.